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The Paradise Motel - Australian Ghost Story, raffinata e inquietante sensibilità

By martchelo on venerdì, novembre 19, 2010

Un storia di fantasmi australiana. Questa recensione del sesto album dei Paradise Motel potrei anche finirla qui. Il titolo di questo lavoro dice tutto, evoca atmosfere notturne, impercettibili inquietudini, suoni usati con moderazione e gusto, raffinato story-telling spesso solo sussurrato.
Australian Ghost Story è un concept album, incentrato sulla triste fine di Azaria Chamberlain, che scomparì nel 1980 a otto anni durante una gita ad Ayers Rock e per la cui - presunta - morte fu accusata la madre. Questo lavoro mi ricorda da vicino l'album d'esordio, e al momento anche l'unico, dei Dead Man's Bones (ora tutto vi è più chiaro, eh?): atmosfere brumose da casa di campagna, notturne, lente ed evocative di sinistri presagi. Rispetto agli americani i Paradise Motel sono in realtà un po' più normali, meno inquietanti, anche per il cantato molto tradizionale di Merida Sussex che secondo me limita le capacità espressiva della band australiana. Ma la raffinata sensibilità dei Paradise Motel merita l'ascolto: Brown Snake.
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I White Stripes, il cofanetto di Natale e la sindrome del Ragno

By martchelo on giovedì, novembre 18, 2010

Avendo recentemente sfottuto un mio amico nonché music-blogger, per essersi infatuato della bieca operazione commerciale The Promise ad opera di Bruce Springsteen, mi trovo, nel giro di un paio di giorni, in evidente imbarazzo.
Uno dei miei gruppi di riferimento, i White Stripes, evidentemente tenuti in ostaggio dal Ragno, sta infatti pubblicando un clamoroso cofanetto-metti-il-fan-nella-rete!
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Black Mountain - Wilderness Heart, che delusione il terzo album [2/5]

By martchelo on mercoledì, novembre 17, 2010

Io sono convinto che l'arte, qualsiasi arte, si alimenti di piccoli percentuali di innovazione e grandi quantità di "ispirazione" a lavori di altri artisti. Insomma tutti copiano, e la cosa è assolutamente normale, lecita, giusta oserei dire. Ma in tutto ci vuole misura, se a fare "copy" son capaci tutti, è nel fare "paste" che emergono le differenze, è nel "paste" che sta la vera arte. Ovvero nella rielaborazione di ciò cui l'artista attinge, nel fare diventare proprio ciò che era di altri. Ed è proprio nel fare questo che i Black Mountain falliscono, clamorosamente.
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Elf Power - Elf Power, ottimo pop malinconico e solare, con qualche brano da urlo [giudizio: 4/5]

By martchelo on lunedì, novembre 15, 2010

Elf Power è il quattordicesimo album (contando anche le auto-produzioni) degli Elf Power e io non li avevo mai sentiti nominare. Questo non è un buon inizio. Se non altro non vi ammorberò con paragoni al passato - e poi cercherò di rimediare a questa mia lacuna.
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The Lonely Heart Show - Hope In Shadows, folgorante oscurità

By martchelo on venerdì, novembre 12, 2010

Non capita spesso, ma quando accade si scoprire qualcosa di nuovo, o perlomeno di sconosciuto ma denso di qualità e promesse è lecito gioire. E oggi gioisco! I Lonely Heart Show guidati da Cris Fehr pubblicano il loro primo album, Hope in Shadows, ed è un grande esordio.
Atmosfere noir, ritmi lenti, voce calda e grandemente espressiva, stile compositivo degno di nota, classico ma non vecchio. Mi sto forse facendo un po' prendere dall'entusiasmo, quindi meglio se mitigo un po' il tutto. Hope in Shadows è un album già sentito, ricorda molti artisti, gli stessi Lonely Heart Show fanno riferimento a Johnny Cash e Mark Lanegan, io aggiungo anche i National, giusto per avere un riferimento indie.
Il punto di forza (e di debolezza) dell'album è il suo essere classico, a tratti prevedibile, ma sempre denso di musica torbata, atmosfere grigie e brumose, odore di whiskey nell'aria. Ok, ok, la finisco con le metafore, in fondo sono sobrio e il senso di questo album penso di averlo reso.
Ho un dubbio: qual'è la profondità di questo album, come si comporterà alla prova del tempo? Al tempo la sentenza, i Lonely Heart Show sono un'incognita, una promessa, tra qualche mese capirò se Hope in Shadows avrà fatto breccia nella mia discografia o se si sarà docilmente accomodato in un angolo, inevitabilmente polveroso: Loners' Lullabye.
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Two Door Cinema Club - Tourist History, la next mica-tanto-big thing

By martchelo on giovedì, novembre 11, 2010

L'ennesimo fenomeno indie di cui si parla nel sottobit del web 2.0? I Two Door Cinema Club, trio irlandese elettro-pop all'esordio discografico. In realtà i rumors sono già di qualche mese fa ma sapete com'è, lavorando spesso mi trovo ad ascoltare le novità con qualche ritardo...
In sintesi: non penso che i Two Door Cinema Club lasceranno particolari tracce nel mondo della musica indie: sono troppo simili a 1000 altre band, troppo confondibili, carini e banali.
Tourist History non è un brutto album in realtà, ma sono un po' saturo di queste band del tutto inoffensive, capaci solo di un pop mieloso e buono per tutti i gusti. Ai Two Door Cinema Club manca estro, manca imprevedibilità, manca qualcosa che li faccia riconoscere nel mezzo della folla indie-pop: che sia la voce, uno strumento, lo stile compositivo o quant'altro vi venga in mente.
Un mio parere così negativo sarà probabilmente un portafortuna verso il successo della band: infatti li ho già ritrovati nella colonna sonora di Fifa 11 (un gioco di calcio, per chi vivesse fuori da questo mondo).
In un mondo anche molto migliore di questo, temo di essere inesorabilmente destinato alla minoranza...
Come Back Home.
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Twin Shadow - Forget, ti ricordi gli anni ottanta?

By martchelo on giovedì, novembre 04, 2010

Forget è l'album d'esordio dei Twin Shadow, band di Brooklyn che fa capo a tal George Lewis Jr. Nonostante i soli 26 anni, George conosce molto bene gli anni ottanta, ne sa evocare mille sfaccettature e riesce a riproporle attraverso la sua sensibilità, in un'avveniristica retrospettiva. Forget è un album che mi ha sorpreso, gli anni 80 fanno parte del mio vissuto, li conosco benissimo (sic!) e vederli riletti da un'artista che non li ha conosciuti in prima persona è da un lato straniante, dall'altro interessante. I Twin Shadow vanno a pescare negli eighties più intimi e malinconici, scavano nell'animo e riescono a rievocare ricordi impossibili (come fanno a ricordarmi le feste del liceo??) con una naturalezza e una grazia sorprendenti.
La rievocazione degli anni 80 non è certo una novità, ma se molte band si sono focalizzate sulla wave e sulla conseguente energia (Editors, Stellastarr tanto per fare un paio di nomi), pochi sono stati in grado di addentrarsi tra le pieghe più intime della musica di quel periodo. Forget riesce dove molti hanno fallito e se da un lato non propone nulla di nuovo dall'altro esibisce un tocco artistico lieve ma intenso che non capita frequentemente d'ascoltare: Slow.
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Smoke Fairies - Through Low Light And Trees, oscuro e acustico, ma non mi emoziona

By martchelo on martedì, novembre 02, 2010

Le Smoke Fairs, duo britannico composto dalle fanciulle Katherine Blamire e Jessica Davies, stanno avendo una qualche notorietà, o perlomeno una qualche eco, dopo aver pubblicato il loro primo lavoro: Through Low Light And Trees. Ne ho letto una recensione interessante su OndaRock, tale da attirare la mia attenzione grazie anche all'oculato inserimento nel testo della keyword Jack White.
E' un album antico questo, riporta alla mente i cantastorie, il folk-blues tradizionale, storie notturne e bucoliche, atmosfere intime, pervase da un'anima dark. Lo stile canoro è molto classico, personalmente non mi fa per nulla impazzire, anche se in qualche modo rimanda, e questo non mi dispiace, alla tradizione celtica.
Through Low Light And Trees ha un suo fascino oscuro e acustico. Che però non fa breccia nella mia rozza anima e che quindi non mi sento di consigliare. Sorry girls: Hotel room.
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