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Pink Floyd, The Wall compie 30 (splendidi) anni

By martchelo on lunedì, novembre 30, 2009

30 novembre 1979, i Pink Floyd pubblicano The Wall, il loro album più famoso e indiscutibilmente uno dei loro capolavori. The Wall fu pubblicato 2 anni dopo l'uscita di Animals, un album sostanzialmente interlocutorio uscito dopo il clamoroso uno-due di The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here.

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Coldplay - Viva la Vida, un album raffinato [3/5]

By martchelo on venerdì, novembre 27, 2009

Non saprei dire esattamente perchè, però i Coldplay non li ho mai troppo considerati. Troppo noiosi inizialmente, troppo mainstream successivamente e poi troppo Chris Martin e Gwyneth Paltrow sui rotocalchi per prenderli seriamente come band. I singoli estratti da Viva la Vida (come ad esempio la title-track Viva la Vida oppure Violet Hill) però mi hanno insinuato un dubbio: ho forse sottovalutato i Coldplay?
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Cover-ology part 2: i cantanti-traduttori da karaoke, dai Dik Dik a Vasco Rossi

By martchelo on lunedì, novembre 23, 2009

La musica italiana, spesso un po' triste di suo, visse a lungo un'epoca di completa sudditanza nei confronti della musica anglofona (prevalentemente americana). Erano gli anni '60 e '70, beat e rock si facevano strada nella paludata scena musicale nostrana e gli eroi della musica italiana erano alla continua ricerca del successo, meglio ancora del singolo da classifica. E che c'è di meglio che prendere una canzone già bella, fatta e finita, magari arricchita pure da un curriculum di tutto rispetto? Insomma, molti artisti italiani dell'epoca prendevano i successi d'oltreoceano, li traducevano alla bell'e meglio e li propinavano stando ben attenti a non pubblicizzare troppo il fatto che si trattasse di cover.
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Cover-ology part 1: ballata con melassa

By martchelo on venerdì, novembre 20, 2009

Io con le cover ho un rapporto difficile, parto prevenuto e diffidente perchè spesso ho il (fondato) sentore che si tratti di una scorciatoia verso il successo commerciale sfruttando la creatività altrui. La prima domanda che mi pongo quando sento una qualsiasi cover è: perchè?
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The Dead Weather - Horehound, la terza vita di Jack White [4/5]

By martchelo on martedì, novembre 17, 2009

Jack White, stanco di avere solo 2 vite musicali in essere (The White Stripes e The Raconteurs), dà vita ad una nuova formazione. Ma lo fa con notevole nonchè vezzoso understatement: nei Dead Weather il buon Jack infatti siede addirittura dietro la batteria lasciando il palcoscenico ad Alison Mosshart. La cantante dei Kills scrive buona parte dei pezzi e, almeno in teoria, rappresenta la front-woman dei Dead Weather. Dean Fertita e Jack Lawrence completano la line-up della band aggiungendo quindi anche una manciata di Queens of the Stone Age e Raconteurs all'impasto sonoro.
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Wolfmother - Cosmic Egg, un disco alla coque

By martchelo on lunedì, novembre 16, 2009


I Wolfmother hanno covato il loro uovo cosmico per 4 anni. Nel 2005 uscì infatti Wolfmother, il loro omonimo album di debutto, che raccolse un tutto sommato inatteso successo. Il lungo silenzio creativo che seguì suscitò sorpresa e il sospetto che dietro quel successo ci fosse poco: da un gruppo giovane che ha ottenuto un grande riscontro ci si attende magari qualche mossa falsa ma sicuramente una certa fertilità creativa.
Che siano stati o meno in crisi ora se non altro abbiamo qualcosa di nuovo da ascoltare: Cosmic Egg, il loro secondo album, preceduto dal singolo New Moon Rising. La miscela hard-rock-anni-70-tipo-i-led-zeppelin proposta dai Wolfmother è, bene o male, sempre la stessa, di certo non si registrano sostanziali novità sonore.
Questo lavoro della band guidata dal ricciolone Andrew Stockdale, leader e mente dei Wolfmother, va quindi valutato più che altro per l'aspetto compositivo. E non sono tutte rose. Purtroppo Cosmic Egg non ha l'immediatezza del primo album, le melodie sono meno intuitive, la struttura dei pezzi meno essenziale. Non ci sono nemmeno cadute di stile o canzoni non adeguate, però alla fine mi rimane in testa un pizzico di delusione, perchè l'uovo cosmico è stato covato troppo a lungo e, alla fine, invece di un pulcino è venuto fuori un uovo alla coque.
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The National - Alligator, classe e grandi ballate

By martchelo on domenica, novembre 15, 2009


The National nascono nel 1999 ed iniziarono la loro carriera autoproducendosi un paio di album, come gentilmente spiegato dall'imprescindibile Wikipedia. Fu nel 2004 che i 5 americani, pubblicando il loro terzo album, Alligator, per un'etichetta finalmente in grado di distribuire adeguatamente il loro lavoro, si affacciarono alla luce della ribalta.
Alligator fu accolto molto bene da pubblico e critica e il motivo è semplice: i National sono un gruppo di grande qualità, pacato nei modi e morbido nei suoni perfettamente amalgamati con la voce calda e avvolgente del leader Matt Berninger. L'intero album è pervaso da un'anima profonda e intensa, che affiora discreta tra i chiaro-scuri delle ballate che si succedono elegantemente, impreziosite da arrangiamenti di grande gusto e alleggerite da un senso melodico brillante che rende davvero piacevole l'ascolto. Penso che Karen possa essere un buon modo per approcciarsi ai National.
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Audioslave: Chris Cornell + R.A.T.M. un grande gruppo hard rock [4/5]

By martchelo on venerdì, novembre 13, 2009

La nascita degli Audioslave, nell'oramai lontano 2001, fece molto discutere gli appassionati di musica, sostanzialmente divisi in 3 schieramenti: gli orfani dei Soundgarden pronti a sostenere il loro pupillo Chris Cornell, i fan dei Rage Against The Machine ancora increduli per l'abbandono del leader Zack de la Rocha e infine gli scettici, quelli per cui in-ogni-caso-gli-Audioslave-faranno-schifo. Il primo omonimo album degli Audioslave uscì nel 2002 e chiarì senza possibilità di equivoci la natura di questa formazione: gli Audioslave erano la band di Chris Cornell, assoluto dominatore della scena sia come personalità che, ancor più, come impronta stilistica.
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La tastierista Baria Qureshi lascia The xx

By martchelo on giovedì, novembre 12, 2009

Uno dei gruppi di cui si parla di più ultimamente nell'universo indie, gli xx, perde subito un pezzo. Il quartetto inglese, attualmente impegnato in una lunga serie di concerti, è diventato un trio: la tastierista Baria Qureshi ha infatti lasciato il gruppo. Non si sa nulla di più se non che il programma dei prossimi mesi degli xx non cambierà. Verosimilmente cambierà poco o nulla anche nella musica degli xx visto che Baria non era certo il fulcro creativo del gruppo. E quindi viene da chiedersi: Baria, ma perchè lasci sul nascere un gruppo che ha ottime prospettive? Ascoltando il loro primo album, l'omonimo The xx, c'è il rischio che Baria in futuro si pentirà di questa scelta.
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The Raconteurs - Broken Boy Soldier, un grande album indie-pop-rock [4/5]

By martchelo on mercoledì, novembre 11, 2009

Bisogna capirlo, Jack White, perchè probabilmente non ne poteva più. Dopo anni di White Stripes in cui ha composto, cantato e suonato tutto tranne la batteria (appannaggio della non-sorella ed ex-moglie Meg White), ha sicuramente sentito il bisogno di un po' di normalità, di una band in cui potesse pure distrarsi un attimo, magari suonare un assolo senza doversi preoccupare di fare pure la ritmica. Insomma la comprensibile voglia di far parte di una band normale di Jack White si è materializzata in un nuovo progetto, The Raconteurs, in collaborazione con il suo amico, nonchè cantante pop di secondo piano, Brendan Benson.
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Mika - The Boy Who Knew Too Much, del perchè 12 (tentativi di) singoli non fanno un album

By martchelo on martedì, novembre 10, 2009


La differenza tra un singolo e un album non sta (solo) nel numero di canzoni. Prendiamo ad esempio The Boy Who Knew Too Much, secondo cd di Mika. Il cantante nato a Beirut è un formidabile autore di singoli, prova ne è l'ottimo We're Golden, primo singolo estratto dal nuovo album e hit planetario. Sulle qualità di Mika come autore di un intero cd, invece, di dubbi ce ne sono parecchi, visto anche il non esaltante esordio con Life in Cartoon MotionThe Boy Who Knew Too Much, i dubbi, li conferma tutti.
Il tentativo di comporre 12 singoli però fallisce miseramente, siamo ben lontani da quell'improbabile traguardo e ci troviamo invece nel bel mezzo di un'orgia di leggerezza a tratti insostenibile. Mika ha si uno stile personale, soprattutto per quanto riguarda il canto sempre impreziosito dal suo ammirevole falsetto, ma non ha il senso della misura. Infatti proprio il suo famoso falsetto è ammirevole soprattutto quando lo si ascolta per la prima volta, già un po' meno alla seconda canzone, con tendenza al fastidio dalla terza in poi. Il ragionamento possiamo applicarlo in genere alle sue canzoni: sono così sovraccariche da risultare difficilmente digeribili per un intero album. Insomma Mika per un singolo easy-listening è perfetto, ma se dovete acquistare un album vi consiglio di lasciar perdere The Boy Who Knew Too Much. Sorry mate.
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Kasabian - West Ryder Pauper Lunatic Asylum, belli e confondibili

By martchelo on lunedì, novembre 09, 2009


I Kasabian giungono al terzo album dopo il buon successo dell'omonimo esordio del 2004 e di Empire pubblicato nel 2006. La band britannica cammina da sempre sul confine tra indie-rock e brit-pop, senza disdegnare una spruzzata di musica elettronica con rimandi più o meno espliciti alla disco-music.
Piccolo inciso: il nome, Kasabian, è ripreso da uno dei membri della setta di Charles Manson. Questa stupida scelta, probabilmente motivata da una qualche mediocre strategia di marketing fatto sulla pelle altrui e finalizzata a dare un'immagine in qualche modo "maledetta" della band (ma quando mai?) mi risulta incomprensibile e mi porta a dubitare dell'onestà intellettuale di questa band.
Ciò detto lasciamo perdere le disquisizioni sull'origine del nome Kasabian e parliamo di West Ryder Pauper Lunatic Asylum, il loro ultimo album. E' un ottimo lavoro, frutto di una band artisticamente matura che sta esprimendo il meglio delle proprie qualità. West Ryder Pauper Lunatic Asylum è ricco di idee, è ben suonato e prodotto ancor meglio. Ma ai Kasabian manca qualcosa, manca la riconoscibilità, manca un'identità musicale tale da poterli distinguere senza dubbi nella caotica scena musicale odeirna. Tom Meighan canta bene ma ha un timbro privo di originalità, il sound della band è gradevole e ricco ma di certo non si distingue al primo ascolto. Con West Ryder Pauper Lunatic Asylum i Kasabian sono forse al loro meglio e hanno realizzato un album bello e non banale, direi che possiamo accontentarci. Con Where Did All The Love Go? vi potete fare un'idea di quest'album.
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Carmen Consoli è molto lontana da qui: talento e rimpianti

By martchelo on venerdì, novembre 06, 2009


Carmen Consoli non è una qualunque, Carmen Consoli è un'artista che "buca", che rimane, nel bene o nel male, nella testa di chi l'ascolta. Il suo modo di cantare si distingue alla prima nota, il suo stile è talmente personale che non si riesce ad immaginare una sua canzone cantata da altri, con la personalissima metrica dei suoi versi ha dato uno scossone allo stagnante scenario della musica leggera italiana. La sua nascita artistica data 1996, ed avviene nell'orribile Festival di Sanremo: Amore di plastica è una canzone carina e senza grandi pretese ma ha un chè: lascia da subito il dubbio di essere di fronte a un'artista vera. La storia dimostrerà che era tutto vero: Carmen Consoli è una fuoriclasse e per di più ha un'anima ribelle, uno spirito indie-rock che la porterà a sfornare pezzi grintosi e lontanissimi dalla sanremità. Mediamente isterica rappresenta il suo apice rock, un rarissimo esempio di album coraggiosamente diverso dalle ovvie melodie che quasi tutti gli artisti italiani di primo piano ci propinano. Con Stato di Necessità Carmen inizia a cambiare, l'anima rock si quieta, gli angoli e i suoni si smussano, gli archi prendono progressivamente il posto delle chitarre distorte.
Insomma abbiamo iniziato a perderla finchè a un certo punto non l'abbiamo più trovata. Non metto in discussione la qualità della sua produzione, ma sono rimasto deluso dal suo totale distacco dal rock per virare verso melodie più tradizionali e tipicamente italiane. Carmen Consoli tutto ciò lo fa con grande classe e Non Molto Lontano Da Qui, primo singolo estratto da Elettra, ne conferma, se ce ne fosse bisogno, il talento. E fa aumentare i rimpianti di noi indie-rocker.
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EELS - Shootenanny! la sofferenza e la leggerezza dell'anima

By martchelo on giovedì, novembre 05, 2009


Gli EELS, ovvero Mark Oliver Everett, altrimenti detto E. nascono negli USA nel 1995. Da quel giorno in avanti, con apprezzabile regolarità gli EELS sfornano album belli ed intensi, ricchi di melodia e pathos. Il pathos, a ben ascoltare, crescerà di intensità nel corso degli anni anche perchè al povero Mark Oliver Everett ne accadranno di ogni, trapuntando così la sua vita di drammi e sofferenze terribili.
Tutto ciò si rifletterà sulla sua musica, via via più intimista e notturna e sulla sua voce, a ogni album più roca, profonda e vera. In EELS è straordinaria la capacità di tradurre in musica la sofferenza, di far vibrare le corde dell'anima e, allo stesso tempo, riuscire ad avere sprazzi di leggerezza, quasi di ottimismo.
Shootenanny! è il quinto album degli EELS, registrato nel 2003 e sintetizza perfettamente musica e spirito di E. Shootenanny! è stato registrato molto velocemente, ma non è certo un lavoro frettoloso, tutt'altro, è anzi una perfetta e riuscitissima sintesi della personale miscela rock-folk-indie-blues degli EELS. Saturday Morning, il singolo estratto da Shootenanny!, vi offre una valida anteprima di questo album. Che merita di essere ascoltato.
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The Thermals - Now We Can See, bravi ma per la maturità bisogna aspettare il quinto album

By martchelo on mercoledì, novembre 04, 2009


The Thermals, band americana formatasi nel 2002, con Now We Can See giunge al suo quarto album. Questo lavoro segue, a 3 anni di distanza, The Body, the Blood, the Machine che gli aveva garantito un buon successo e riconoscimenti qualitativamente significativi, su tutti quello di Pitchfork. La formula dei tre musicisti dell'Oregon è di facile digeribilità: prendete un po' di indie-rock, una spruzzata di punkettino facile alla Green Day e, perchè no, un po' di power-pop stile college.
La miscela è immediata senza essere banale, i risultati forse un po' alterni a seconda delle canzoni, nel complesso una piacevole iniezione d'energia.
La sensazione è che i Thermals abbiano buone qualità ma ancora, nonostante siano oramai al quarto album, debbano consolidare uno stile che, nell'ascoltare Now We Can See, appare un po' ondivago. I Thermals sono versatili, ma parzialmente incompiuti, anche se siamo di fronte a un buon album offre molti ottimi brani, tra cui senz'altro la riuscitissima title-track Now We Can See.
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