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Pixies: breve storia dei primi anni di Black Francis, Joey Santiago, Kim Deal e David Lovering

By martchelo on venerdì, agosto 21, 2009

Ricordo benissimo quel periodo: pieni anni '80, musica elettronica a go-go, timpani inondati di motivetti facili, gruppi e gruppetti di ogni tipo che facevano una canzone, due al massimo e poi tornavano nell'oblio. Beh, nonostante io in realtà amassi e ami tutt'ora la leggerezza elettronica di quei suoni, ero alla ricerca di qualcos'altro, qualcosa di davvero diverso. Però è difficile trovare qualcosa se non si sa bene cosa si sta cercando...

L'ascolto compulsivo di tutto ciò che mi capitava a tiro mi portò ad ascoltare questo gruppo di cui avevo letto benissimo su Rockstar. I Pixies mi folgorarono. Tutto ciò che di manieristico c'era nella musica, anche punk peraltro, dell'epoca, era del tutto ignorato dai quattro Bostoniani. Black Francis, cuore, anima e delirante mente dei folletti cantava come non avevo mai sentito: versi surreali incuranti dell'intonazione, sussurri e grida, melodie stranite, un'esplosione di creatività al di fuori delle regole musicali. Gli altri tre compari assecondavano il leader dando comunque un contributo importante: di buon livello il drumming di David Lovering, Joey Santiago, chitarrista alle prime armi, seppe crearsi subito uno stile riconoscibile e Kim Deal era perfetta nel ruolo di spalla di Black.

Il grande successo però non arrivò mai. Non belli (guardate la foto...), non accattivanti, troppo intenti a seguire strade inconsuete per i più, diventarono una delle band più citate da musicisti (soprattutto del "fenomeno" grunge) e appassionati. Durarono 7 anni e l'attuale re-union prevede solo concerti, dischi nuovi no. "A meno di non incidere un disco di musica folk polacca", disse il sempre più obeso Black Francis, "perchè fare una brutta copia della musica che abbiamo già fatto non avrebbe alcun senso".
Forse si capisce perchè il successo non è mai arrivato.
Per chi non li conoscesse: tutti i loro album sono belli, eviterei solo Trompe le Monde, l'ultimo, non brutto ma sicuramente minore.

 
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