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10 Best 2011 Albums

By martchelo on giovedì, dicembre 29, 2011

Cari i miei 3 lettori che come ogni anno chiedete a gran voce di sapere quali sono stati i migliori album degli ultimi 12 mesi: eccovi accontentati! Il 2011 è stato un anno discreto ma non eccezionale dal punto di vista musicale. Sia pure a corrente alternata non sono però mancati album degni di nota. Ecco la classifica dei top ten album di Manta Ray (e i premi speciali della giuria - inventati di sana pianta per dare spazio a altri 4 album):
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My dear 3 readers surely want to know what were the best albums of the last 12 months: here they come! 2011 was a decent but not great year from a musical standpoint. But we listened to a few albums worthy of note. Here is the ranking of the top ten albums judged by Manta Ray (and the special jury prizes - invented out of whole cloth to make way for another 4 albums):
  1. The Decemberists - The King is Dead 
  2. PJ Harvey - Let England Shake 
  3. mr Gnome - Madness in Miniature
  4. Lykke Li - Wounded Rhymes
  5. Veronica Falls - Veronica Falls
  6. Peter Murphy - Ninth 
  7. Zola Jesus - Conatus
  8. Joseph Arthur - The Graduation Ceremony
  9. Okkervil River - I Am Very Far
  10. Portugal. The Man - In the Mountain, In the Cloud
Special 80s Revival Prize
Special New Skin Prize
Special ComeBack Prize

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Zola Jesus - Conatus [4/5]

By martchelo on mercoledì, dicembre 28, 2011

Zola Jesus (Emile Zola + Jesus Christ, tanto per tenere un profilo basso) è un'artista per chi ama esplorare gli angoli bui e sa apprezzare la bellezza del crepuscolo. La ricchezza della sua pagina su Wikipedia fornisce un'idea dell'impatto che Zola Jesus sta avendo sulla musica contemporanea (tra mainstream e sperimentazione) nonostante abbia pubblicato il suo primo album poco tempo fa, The Spoils è infatti del 2009.
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Rich Aucoin - We're All Dying To Live [2/5]

By martchelo on martedì, dicembre 27, 2011

Non si tratta di non volersi uniformare o di voler fare il bastian contrario a tutti costi ma We're All Dying To Live, disco d'esordio del canadese Rich Aucoin, mi pare che goda di una fama e di un successo di critica di gran lunga superiore alle sue qualità. Il 2011 è stato un anno duro per gli amanti della musica, sono stati infatti pochi gli album che si sono elevati sopra la media ed è quindi facile capire come tutti siano alla ricerca di qualcosa da promuovere come "straordinario" in questo finale d'anno.
Anche OndaRock, mio puntuale riferimento, elogia Rich Aucoin premiandolo addirittura come "disco del mese"! Tutto sempre accompagnato dai puntuali numeri che ricorrono in ogni recensione: la copertina di We're All Dying To Live ricorda da mooolto vicino quella di Illinois di Sufjan Stevens, quasi 3 anni di lavorazione e 500 musicisti coinvolti per non-so-quanti minuti di musica cantata e strumentale.
Bene, fantastico.
Il problema non sta nei numeri ma nell'assenza di straordinarietà. La premessa è semplice: la capacità di giocare con più generi musicali all'interno di un album non è più un fattore di sorpresa da tempo, nè tantomeno motivo di agitazione o entusiasmo. Cioè chissenefrega se Rich Aucoin cita 200 band e salta dal disco-club all'art-pop. We're All Dying To Live è un disco ricco di idee ma raramente se non mai straordinario, delle sue 1000 facce non ce n'è una che brilli di una luce tale da abbagliare. E io preferisco essere abbagliato da una luce violenta che mediamente illuminato da 1000 flebili lampadine. ========================================================================
It is not about being a contrarian at all costs, but We're All Dying To Live, debut album of Canadian Rich Aucoin, it seems to me that enjoys an excellent reputation and a great critical success far superior to its quality. The year 2011 was a tough year for music lovers, in fact, only a few albums were high above average; so it is easy to see how everyone is looking for something to be promoted as "extraordinary" in this year's final. Lots of sites promote Rich Aucoin's debut album, every review always accompanied by precise numbers: the cover of We're All Dying To Live closely resembles that of Sufjan Stevens's Illinois , nearly 3 years in the making and 500 involved musicians for I-don't-know-how-much minutes of sung and instrumental music.
Well, great.
The problem lies not in numbers but in the absence of extraordinary qualities. The premise is simple: the ability to play multiple musical genres in an album is no longer a surprise by a lot of time, nor does it cause for excitement or enthusiasm. I mean: who cares if Rich Aucoin cites 200 bands and moves from disco-club to art-pop? We're All Dying To Live is an album full of ideas but rarely if ever extraordinary, none of its 1000 faces shines a dazzling light. And I'd rather be dazzled by a bright light that lit up by an average of 1000 faint light bulbs.
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mr Gnome - Madness in Miniature [4/5]

By martchelo on giovedì, novembre 24, 2011

Meno si è meglio si sta, c'è del valore vero nel selezionare le persone di cui ci si circonda perchè la qualità è sempre vincente rispetto alla quantità. Non è quindi un caso se molte delle proposte musicali più interessanti e originali degli ultimi anni (White Stripes e Middle Class Rut tanto per citarne due) siano frutto del lavoro di band minimali, composte di soli 2 elementi. Nicole Barille, cantante e chitarrista e Sam Meister, batterista e tastierista, sono i mr Gnome, un duo americano che scorrazza con ispirata libertà nell'universo indie, tra folk e pop, hard rock, punk e post-rock e quant'altro vi venga in mente. La totale noncuranza delle regole non scritte della musica, la verve creativa, l'indifferenza rispetto a qualsiasi barriera è un elemento che rende Madness in Miniature, il terzo album dei mr Gnome, un lavoro straordinario, ricchissimo di idee e stimoli.
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Portugal. The Man - In the Mountain, In the Cloud [4/5]

By martchelo on giovedì, novembre 17, 2011

In the Mountain, In the Cloud è il sesto album in sei anni che i Portugal. The Man sfornano. Il primo per una major. Io li seguo con attenzione da un po' di tempo e ne ammiro il talento melodico, lo scarso rispetto delle regole non scritte della buona musica rock e quel tocco di artigianalità, per non dire di approssimazione, che ne caratterizza i lavori in studio. E che penso non sia una cervellotica scelta a tavolino bensì il loro modo diretto e naïf di fare musica.

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Jack White, Depeche Mode, Nine Inch Nails cover U2: Achtung Baby!

By martchelo on venerdì, ottobre 28, 2011

Achtung Baby è stato il capolavoro degli U2, il loro apice e la loro fine nello stesso momento. Il loro lungo percorso di formazione rock e arricchimento musicale li spinse ad osare ad ogni disco qualcosa in più finché la contaminazione pop ed elettronica di Achtung Baby ne fece esplodere le straordinarie qualità melodiche nel loro massimo splendore.
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Veronica Falls - Veronica Falls [4/5]

By martchelo on lunedì, ottobre 10, 2011

I Veronica Falls rappresentato una tale novità che su Wikipedia non esiste ancora la loro voce. Incredibile, si tratta di una vera e propria rarità. Ma anche di una stranezza dato che il cammino verso l'omonimo album di debutto dei Veronica Falls non è avvenuto nell'oscurità bensì è stato seguito con attenzione dal mondo indie. Certo, poco hype rispetto a altre band, ma anche discrete aspettative. Che la band inglese guidata da Roxanne Clifford non tradisce affatto.
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Jack Whites covers Hank Williams and Bright Eyes cover White Stripes

By martchelo on martedì, ottobre 04, 2011

Siccome la pigrizia è un aspetto centrale della vita, oggi mi limito a segnalare un paio di link interessanti, entrambi ruotano attorno a Jack White, sono cover e vale la pena ascoltarle.
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Just a couple of interesting link today, as everything regarding Jack White is interesting.
Jack White sings Hank Williams' "You Know That I Know": http://www.rollingstone.com/music/news/exclusive-stream-jack-white-interprets-hank-williams-you-know-that-i-know-20111003 and he's sensitive and touchy as usual.
Bright Eyes cover Whites Stripes' "We're gonne be Freinds": http://pitchfork.com/news/44192-bright-eyes-cover-the-white-stripes/ nice and useless to be honest.
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R.E.M. Break up: addio alla band di Michael Stipe (ma non s'erano già sciolti?)

By martchelo on venerdì, settembre 23, 2011

I R.E.M. si sciolgono, ne hanno dato l'annuncio sul loro sito. Prima mia reazione: ma non s'erano già sciolti? Esistevano ancora i R.E.M.? Stando all'ufficialità bisogna dire di si, i R.E.M. continuavano ad esistere nonostante il loro esordio si perda indietro negli anni, addirittura nel 1980! Non voglio ripercorrerne ora la carriera, non li conosco così a fondo, posso però dire che, contrariamente a molte band, il gruppo di Michael Stipe andò migliorando nel corso degli anni per arrivare al top attorno agli anni '90: Green, Out of Time, Automatic for the People sono bellissimi album. Nel 1996 uscì New Adventures in Hi-Fi, a mio avviso l'ultimo lavoro di spessore: se avessero smesso a quel punto sarebbero stati perfetti. Invece hanno proseguito per altri 15 anni, senza infamia e senza lode, ripetendo a memoria una formula vincente ma oramai spremuta (come poteva essere altrimenti?). Scegliere di smettere è difficile, quindi inutile essere troppo ingenerosi con loro, anzi, in questo momento gli sono grato, hanno saputo evitare (all'ultimo momento) l'effetto "una rotonda sul mare" o il patetico circo stile Rolling Stones-Villa Arzilla.
Grazie, bravi, in bocca al lupo (e speriamo che Michael Stipe da solista non si metta a fare musica-che-sembrano-i-R.E.M).
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"To our Fans and Friends: As R.E.M., and as lifelong friends and co-conspirators, we have decided to call it a day as a band. We walk away with a great sense of gratitude, of finality, and of astonishment at all we have accomplished. To anyone who ever felt touched by our music, our deepest thanks for listening."
This is how R.E.M. announced to the world their break up. But I didn't event think they were already together!
Their brilliant carrer started in 1980 (!) and reached the top 'round 90s with the excellent albums Green, Out of Time, Automatic for the People. In 1996 R.E.M. published New Adventures in Hi-Fi: that was a good album and it would have been a perfect time to break up. But it's so hard to make that choice so they went on for further 15 years easily repeating the same formula that gave them success without adding nothing to their story. Finally they gave up and did a great thing, it's by far the better choice, they avoided the risk to became grand-father rockers as The Rolling Stones.
So long, R.E.M.
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Clap Your Hands Say Yeah - Hysterical, un indie-rock elitario ma diretto [4/5]

By martchelo on mercoledì, settembre 14, 2011

Che bello, finalmente è uscito Hystericalil nuovo album della band col nome più brutto del pianeta (ma che confido essere intriso di ironia): Clap Your Hands Say Yeah (dì il tuo nome e dì di si...). Questo disco lo aspettavo con grande curiosità, perchè l'album d'esordio di questo gruppo, che oramai data 2005 (sic), è un grande album quanto invece il successivo Some Loud Thunder fu una parziale delusione, il classico secondo album che invece di rilanciare dopo un debutto clamoroso, cerca affannosamente di ripercorrerne le gesta senza riuscirvi appieno e facendo diventare cervellotiche complicazioni ciò che inizialmente era bizzarro genio.
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Girls - Father, Son, Holy Ghost poche idee (e mezzo plagio) [1/5]

By martchelo on lunedì, settembre 12, 2011

Ci sono non pochi fenomeni musicali dei quali sfugge, ma mi sfugge proprio del tutto la ragione del (relativo) successo. Oggi in particolare mi riferisco ai Girls, una band di San Francisco formata da 2 uomini: Christopher Owens and Chet "JR" White. I 2 hanno da poco sfornato il loro secondo album Father, Son, Holy Ghost 2 anni dopo l'album d'esordio chiamato, appunto, Album (tanto per complicare la vita agli scribacchini).
Album non lo conosco. Difficilmente lo ascolterò.
Questo Father, Son, Holy Ghost è un album indie-pop nel senso più tipico del termine: sonorità immediate, miscelate con elementi tipicamente non mainstream. I Girls hanno dalla loro una buona sensibilità, evidente soprattutto nei brani più lenti. Ma non hanno nulla che sorprenda, la scrittura è spesso ovvia, il loro attingere alla musica del passato è più simile a copiare che a ispirarsi. Le canzoni più rock sono decisamente scadenti (tra queste un quasi plagio di Born to be wild - dovendo plagiare avrei scelto di meglio...), quelle lente a tratti non dispiacciono, vedi Vomit. Ma nel complesso è un disco che sconsiglio vivamente.
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The Rapture - In The Grace Of Your Love, vizi e virtù di una band che non sa scegliere [3/5]

By martchelo on lunedì, settembre 05, 2011

I Rapture hanno le idee parecchio confuse. I Rapture non sanno scegliere. I Rapture hanno talento. I Rapture sono robetta easy. I Rapture sono un po' ostici.
In The Grace Of Your Love, terzo album della band di New York, non si fa mancare nulla e anzi dà ampio spazio alle contraddizioni. Se etichettare un gruppo è oramai un'operazione complessa nel caso dei Rapture è meglio lasciar perdere. E per capirci qualcosa conviene semplificare: divide et impera. In The Grace Of Your Love presenta 2 principali filoni musicali: uno elettronico, venato di black music, very easy molto da club e un altro indie rock con reminiscenze (lontane) punk. I Rapture danno il meglio di sè sia come ispirazione che come interpretazione nelle vesti elettroniche un po' unz-unz ma non scevre di qualità. Se infatti l'indie-rock dei Rapture è tutto sommato sciatto e privo di veri spunti di qualità invece il filone elettronico è ricco, frizzante, immediato ma non privo di profondità d'ascolto.
E' anche vero che questo album è così strano che non mi stupirei di leggere commenti opposti, è facile essere disorientati dalla eterogenea scaletta dei Rapture. Una volta superata la sorpresa però prevale il rammarico perchè In The Grace Of Your Love ci propone una band che non ha saputo scegliere, che ha voluto fare tutto e ha fatto molto bene metà album e così così il resto costringendo alla fine a dare un giudizio medio che è frutto solo della matematica: How Deep Is Your Love.
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Jack White e la cover di Mozart: prima o poi una cagata la fanno tutti

By martchelo on giovedì, settembre 01, 2011

Jack White è Jack White, inutile stare a dilungarsi sul talento di quest'uomo. Più che altro ci si interroga sul suo futuro musicale, da quando è orfano dei White Stripes e si muove in mille ruoli, nessuno dei quali perfettamente definito.
In questo suo errare arriva l'errore, il primo vero errore della sua carriera. Un errore modesto, in quanto alla fin fine (grazie al cielo) si è limitato a produrre un singolo. Però posso dire che "Leck Mich Im Arsch", la canzone degli Insane Clown Posse ispirata da una melodia di Mozart sta a metà tra il sacrilegio e la cagata pazzesca.

Meno male che gli imminenti live dei Raconteurs saranno ben altra cosa...
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The War On Drugs - Slave Ambient, scialbe copie di Dylan e Springsteen [1/5]

By martchelo on mercoledì, agosto 31, 2011

The War On Drugs sono una band americana, al secondo album dopo l'esordio con Wagonwheel Blues. In questo desolante agosto musicale ho letto recensioni molto positive di Slave Ambient, il loro nuovo album. Dopo alcuni ascolti mi chiedo: why? perchè?
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Horrors - Skying, drogarsi fa bene (alla creatività) [3/5]

By martchelo on lunedì, agosto 29, 2011

In 3 album gli Horrors hanno mostrato molte più sfaccettature e qualità di quanto fosse lecito attendersi ai tempi del loro (valido) esordio con Strange House, nel 2007. Il garage punk dell'album di debutto è un lontano ricordo, gli Horrors del 2011 oscillano allucinati (sarà per via dell'uso di ecstasy durante la registrazione di Skying, così dice il bassista Rhys Webb) tra shoegaze, elettronica anni '80 e indie-rock con inevitabili rimandi alla new wave. E quindi via coi soliti riferimenti ai soliti gruppi (Joy Division...gasp) ma con qualche citazione non inflazionata, vedi i Simple Minds di Jim Kerr. Faris Badwan, leader e vocalist degli Horrors cita a più riprese Jim Kerr senza peraltro rinunciare al suo stile, un po' strascicato ma abbastanza efficace. Skying è un album che ho ascoltato molto, forse perchè ho trovato qualche difficoltà nel farmi un'idea precisa del valore di questo album.
Se da un lato la versatilità degli Horrors è ammirevole, dall'altro non dev'essere un elemento condizionante per determinare la qualità di un album. Cioè, chissenefrega se sono stati capaci di evolvere in maniera significativa nel corso di 3 album, importa solo la qualità della loro musica. Skying è un album buono ma non eccezionale, gli Horrors sono una band tosta ma non particolarmente ispirata nella scrittura, raramente vanno oltre il buono (e mai sotto la sufficienza): niente miracolo, niente luce abbagliante che ci rende tutti dei "true believers", Skying è solo un buon album: Still Life, però, è un gran pezzo (molto Simple Minds...).
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Handsome Furs - Sound Kapital, quasi benissimo [4/5]

By martchelo on martedì, agosto 23, 2011

Dan Boeckner è un genio a metà. Metà perchè rappresenta metà dei Wolf Parade (il cui album di debutto Apologies to the Queen Mary era un vero capolavoro), metà perchè costituisce metà degli Handsome Furs assieme alla moglie Alexei Perry, metà perchè spesso è vicino a fare qualcosa di veramente significativo ma gli manca qualcosa per raggiungere l'eccellenza.
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Ulterior - Wild in Wildlife, un singolo non basta: illusione e sufficienza [3/5]

By martchelo on lunedì, agosto 22, 2011

Gli inglesi Ulterior debuttano con questo Wild in Wildlife.Un bel rock, solido, perfettamente inserito nel filone (semi) nostalgico del gothic rock dei tempi che furono (Peter Murphy docet).
Sarei tentato di parlarne molto bene di quest'album, ne avrei voglia. Ma sarei di parte, influenzato dalla voglia di trovare finalmente un bell'album rock (è da un po' che il materiale latita...).
Wild in Wildlife ha un bel sound, coinvolge e crea le giuste aspettative, sublimate in Big City Black Rain, un vero capolavoro che, paradossalmente, crea un grosso problema agli Ulterior: gli altri brani infatti faticano molto a reggere il confronto, tanto che alla fine prevale la delusione per un album che merita invece una larga sufficienza.
Peccato mi avesse illuso...
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John Maus - We Must Become the Pitiless Censors of Ourselves, la dark-wave anni 80 è come Captain America [giudizio: 4/5]

By martchelo on venerdì, luglio 29, 2011

John Maus, americano di Austin, è cresciuto a pane a musica elettronica d'oltremanica. Prendete i primi Depeche Mode, i Kraftwerk, Peter Murphy...insomma prendete un po' quel che volete del mondo new wave dark gothic degli anni '80 e non sbagliate. La musica di John Maus è un po' come Captain America, a distanza di 30 anni viene scongelata ed è esattamente identica a come la ricordavamo (che poi John Maus sia nato nel 1981 è un dettaglio irrilevante).
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Arcade Fire live @ Milano Jazzin' Festival, grandi ma imperfetti [giudizio: 3/5]

By martchelo on mercoledì, luglio 06, 2011

Attendevo da anni di poter assistere a un concerto degli Arcade Fire. Ho iniziato a seguirli con entusiasmo quando esordirono col fulminante Funeral e non li ho mai più persi di vista, passando da Neon Bible fino all'ultimo, acclamatissimo Suburbs. L'attesa all'Arena Civica di Milano nell'ambito del Milano Jazzin' Festival è palpabile, l'atmosfera scaldata il giusto dagli australiani Cloud Control prima e dai White Lies dopo.
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White Lies live @ Milano Jazzin' Festival, disinvolti e promettenti [3/5]

By martchelo on mercoledì, luglio 06, 2011

Non è facile essere la band di supporto. Sai che devi dare il massimo per provare a catturare l'attenzione del pubblico che non è venuto per te bensì per ascoltare la band principale, gli Arcade Fire in questo caso. Il caso dei White Lies che si sono esibiti ieri sera all'Arena Civica di Milano nell'ambito del Milano Jazzin' Festival però è leggermente diverso. La band inglese, forte di un discreto successo commerciale poteva contare su una buona base di fan nelle prime file e su una generale positiva predisposizione del pubblico che ne conosceva perlomeno i pezzi principali. Il cantante Harry McVeigh ha mostrato un'eccellente padronanza della sua voce e una naturale predisposizione a interagire col pubblico. I White Lies hanno suonato per un'oretta, con grande energia e buon affiatamento (con qualche imperfezione da parte dei 2 "ospiti": tastiere e seconda chitarra): un ottimo antipasto agli Arcade Fire e un buon feeling complessivo, quando torneranno in Italia potrei tornare ad ascoltarli.
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WU LYF - Go Tell Fire To The Mountain, tanto mistero per nulla [giudizio: 2/5]

By martchelo on martedì, luglio 05, 2011

Chi sono i WU LYF? Cosa sono i WU LYF? Cosa significa WU LYF? Di queste domande solo la terza ha una risposta: WU LYF significa World Unite! Lucifer Youth Foundation. In realtà dopo l'iniziale buio totale di informazioni che (furbescamente) i WU LYF hanno creato per attirare la curiosità del mondo indie, qualcosa in più s'è scoperto: sono inglesi, sono 4, sono di Manchester.
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White Lies - Ritual, macchè dark, maturità è togliersi la maschera, it's only rock'n'roll [3/5]

By martchelo on giovedì, giugno 30, 2011

Tra non molto ascolterò i White Lies dal vivo, visto che il 5 luglio saranno la band di supporto degli Arcade Fire all'Arena di Milano. Mi sembra giusto quindi prepararmi un po', tanto per godermi maggiormente lo spettacolo. L'album d'esordio dei White Lies, To Lose My Life, non mi aveva convinto. La facciata introspettiva e esistenzialista i White Lies era artefatta e mascherava una natura molto più easy e spensierata.
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EMA - Past Life Martyred Saints, ricco d'atmosfera ma povero di genio [giudizio: 2/5]

By martchelo on martedì, giugno 28, 2011

EMA, ovvero Erika M. Anderson, debutta con questo Past Life Martyred Saints, album gratificato di ottimi voti da Pitchfork e quindi subito oggetto d'interesse da parte del mondo indie. Visto che di quel mondo faccio parte non potevo esimermi dall'ascolto, anche perchè i sample che ho ascoltato non erano male.
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Jack White: cosa c'è dietro alle Black Belles feat. Stephen Colbert e al singolo "Charlene II (I'm Over You)"?

By martchelo on venerdì, giugno 24, 2011

Jack White è un'artista misterioso ed imprevedibile. Come tutti i fan non vedo l'ora di capire cosa farà prossimamente, perchè dopo lo scioglimento dei White Stripes Jack è orfano di un progetto forte quanto invece è ricco di collaborazioni e attività collaterali legate soprattutto alla sua società, la Third Man Records. E' probabilmente solo nella veste di produttore che Jack White accompagna questa strana esibizione delle Black Belles (un gruppo di fanciulle rock di nero vestite) assieme Stephen Colbert un attore-comico-politico-scrittore americano.
Forse.
Oppure Jack sta preparando con la sua nota abilità comunicativa il lancio di qualcosa che lo coinvolge personalmente?

Stephen Colbert and the Black Belles: Charlene II (I'm Over You):


Non resta che attendere...
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The Vaccines - What Did You Expect From The Vaccines? Io niente (e loro non fanno molto di più) [giudizio: 2/5]

By martchelo on giovedì, giugno 23, 2011

In rete sui Vaccines tutti, ma proprio tutti, scrivono la stessa cosa. Ovvero che i quattro londinesi al debutto (Justin Young, Árni Hjörvar, Freddie Cowan e Pete Robertson), acclamati da NME e soci come la (ennesima) next big thing non sono poi malaccio nonostante a tutti venga sempre un'irresistibile voglia di stroncare queste band acclamate ben prima di aver dimostrato alcunché. Sarà vero?
I Vaccines debuttano con questo What Did You Expect From The Vaccines? (titolo irritante, il solito pseudo-umorismo british) e non fanno altro che ripercorrere terreni in gran parte già esplorati da molte altre band del momento. Diciamo che suonano un indie-garage-pop-rock-finto-punk (Glasvegas? White Lies?) che ha come particolarità l'inserimento di elementi surf-vintage che rimandano un po' ai Beach Boys. Siccome io non amo i cloni né i Beach Boys né il clamore ingiustificato non trovo elementi che mi spingano a parlare bene di questo album. Sarà anche gradevole, ben arrangiato e confezionato con grande professionalità, ma nulla di quello che ho ascoltato mi ha davvero impressionato: non la scrittura, non la voce, non il sound. Innocuo, carino, mediatico, banale, normale, alla moda: ognuno scelga in suo aggettivo e abbassi le pretese, magari rimarrà meno deluso di me. All in White è tra le poche canzoni degne di nota.
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Peter Murphy - Ninth, quel maledetto sfigato del Duca Nero fa ancora grande rock [4/5]

By martchelo on martedì, giugno 21, 2011

Peter Murphy è un'icona del gothic-rock, leader a cavallo dei primi anni '80 dei Bauhaus, gruppo simbolo di questo genere musicale. Bela Lugosi's Dead fu il loro maggiore successo nonché loro pezzo simbolo sia sotto il punto di vista musicale che come testi e climax, un brano splendido e inquietante, pervaso di oscurità e di sonorità che hanno lasciato una traccia profonda nella musica rock contemporanea, in cui addirittura si possono cogliere echi di suoni industrial o post-industrial (anche se l'industrial ancora non c'era stato...).
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Paul Simon - So Beautiful Or So What, ottima musica dal sapore vintage [giudizio: 3/5]

By martchelo on martedì, giugno 14, 2011

Paul Simon è un'artista di cui ho grandissima stima e rispetto, nelle sue canzoni si percepisce con nitidezza la presenza del genio melodico, quel qualcosa che rende un brano memorabile ed eterno. Vi risparmio l'elenco dei suoi capolavori, mi limito a dire che lui è un punto fermo della musica folk-rock e rappresenta il massimo esponente di questo genere musicale lungo un periodo che vede il suo acme attorno agli anni 70. La perfezione Paul Simon l'ha raggiunta più volte nel corso della sua carriera e il genio, più o meno presente, non l'ha mai abbandonato del tutto pur risultando, ovvio, alterno e scemante negli anni.
Mi accosto quindi a So Beautiful Or So What, il suo dodicesimo album con rispettosa circospezione. L'ultimo capolavoro Paul Simon lo sfornò una vita fa, Graceland, 1986. Ma il quasi settantenne artista merita un ascolto attento e ragionevole: lasciamo le rivoluzioni ai giovani e ascoltiamo cosa sa raccontarci adesso uno del suo calibro. Le recensioni che ho letto in giro per la rete dicono che So Beautiful Or So What è un grande album. Io sarei più cauto. Paul Simon non può avere la brillantezza di 40 anni fa, sarebbe innaturale, non può sorprenderci, non può lasciarci a bocca aperta perchè lo conosciamo troppo bene oramai. Paul Simon può solo essere se stesso e utilizzare So Beautiful Or So What per ribadire che se il lampo di genio stenta ad arrivare la classe invece è immutata. A scrivere canzoni non si disimpara e l'invidiabile situazione di non dover dimostrare più niente a nessuno fa si che Paul sia particolarmente disinvolto: a tratti si ha la sensazione che stia suonando nella sfarzosa sala prova di una sua qualche villa da sogno assieme agli amici di sempre.
Tuttavia, scordatevi il capolavoro e godetevi dell'ottima musica, dal sapore un po' vintage ma non priva di idee e spunti ancora attuali: Getting Ready For Christmas Day.
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Joseph Arthur - The Graduation Ceremony, un bellissimo album di ballate [giudizio: 4/5]

By martchelo on venerdì, giugno 10, 2011

The Graduation Ceremony è il sesto album di Joseph Arthur, pubblicato a 5 anni di distanza da Nuclear Daydream. Onestamente di questo artista so poco o nulla (non mi fa onore, ma tant'è) e molto di quel poco l'ho letto sulle sempre ottime schede di Ondarock. Nel leggere questo ed altri articoli mi sono fatto l'idea che Joseph Arthur goda di considerevole stima e di relative aspettative, spesso però parzialmente disattese degli album che ha realizzato.
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Glasvegas - EUPHORIC /// HEARTBREAK \\\, i cloni dei Killers non convincono [giudizio: 2/5]

By martchelo on lunedì, giugno 06, 2011

Dei Glasvegas si è sentito parecchio parlare sin dal loro esordio, nel 2008 con l'omonimo album di debutto. Il singolo Geraldine ottenne un notevole successo, così come Daddy's Gone, capace di rimanere impressa per il suo inconfondibile stile retrò (un po' troppo retrò per quanto mi riguarda). In questi giorni è uscito il nuovo album dei Glasvegas, intitolato EUPHORIC /// HEARTBREAK \\\, vincendo l'istintivo scetticismo che, non so perchè, mi ispirano, ho deciso di ascoltarlo.
Ho letto qualcosa in rete sui Glasvegas, tra cui improbabili paragoni con The Jesus and Mary Chain (!?). Non ci siamo proprio. Questa band scozzese mi ricorda, a partire dal nome, i Killers, il cui filone glam indie rock&roll li ispira in maniera clamorosa. La recensione su questo album e su questa band potrei anche chiuderla qui. Perchè i Glasvegas sono dei Killers  privi sia del talento melodico della band di Las Vegas (...) che del carisma vocale di Brandon Flowers.
EUPHORIC /// HEARTBREAK \\\ è un disco gradevole e insulso allo stesso tempo, non abbastanza indie per essere alternativo, non abbastanza glamorous per affascinare. La produzione di Flood è una garanzia e infatti il prodotto è molto ben confezionato ma in definitiva, nonostante questo, non è proprio un granchè: The World is Yours.
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Antlers - Burst Apart, piacevole ed insapore [giudizio: 3/5]

By martchelo on venerdì, maggio 27, 2011

Quarto album per gli Antlers, band di Brooklyn guidata da Peter Silberman. Ho letto un gran bene di Hospice, il loro lavoro precedente (che dovrò ascoltare) e mi sono quindi approcciato con la dovuta curiosità a Burst Apart.
Il sound degli Antlers è ovattato, un indie-rock sfumato, contaminato di dream-pop, evocatore di lentezza più che veicolatore di energia.
Burst Apart non è un album trascinante, è piacevole, rilassante e morbido. Gli Antlers mi ricordano tantissimo il lato più intimista dei Portugal. The Man (che ritengo superiore come gruppo) sia per i suoni che per lo stile vocale. Le canzoni seguono fedelmente l'approccio malinconico e d'atmosfera che permea tutto l'album, non sorprendono per genio melodico o capacità di osare: insomma la scrittura dei brani è molto normale.
Burst Apart è un album piacevole, gli Antlers una band in grado di offrire musica di buona qualità anche se innocua e un po' insapore. I don't want love però è un gran pezzo.
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Fleet Foxes - Helpness Blues, sono bravi ma che palle! [giudizio: 2/5]

By martchelo on giovedì, maggio 26, 2011

Ho qualche difficoltà nel recensire i Fleet Foxes. A suo tempo avevo preferito glissare sull'omonimo album di debutto, Fleet Foxes appunto, ma ho deciso di smettere di fuggire ora che Helpness Blues, il secondo album è uscito e ha ricevuto grandi elogi da parte della critica, così come già era avvenuto col primo lavoro.
Chi sono io per contraddire una vastissima schiera di siti, riviste, blogger? Nessuno. E in quanto tale posso quindi farlo a cuor leggero.
Il folk dei Fleet Foxes è gentile e bucolico, indie non nel senso stretto ma per la sua tendenza a non seguire alcuna delle mode correnti, mainstream o alternative che siano. Eh si, perchè questo è un folk antico (nei modi e nei suoni), privo di qualsiasi venatura rock, ricco di armonie vocali, di gentilezza...e però che palle!!!
A rischio di sembrare un superficiale rocker (beh, quasi una certezza...) devo dire che non ce la faccio, i Fleet Foxes mi annoiano tremendamente. Non è il singolo brano il problema, è l'insieme. In un album di brani così ne posso tollerare uno, massimo due! Di più no, non ce la posso fare.
Il lato buono dei Fleet Foxes mi ricorda terribilmente Simon & Garfunkel (e anche qualcosa dei Band of Horses), grandissimo duo, inarrivabile nel suonare un certo tipo di folk. E siccome sono inarrivabili non vengono certo raggiunti da Helpness Blues, che rimane ad anni luce quanto a genio melodico: Grown Ocean.
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Adele - 21, l'esca del singolo e la noia dell'album [giudizio: 2/5]

By martchelo on mercoledì, maggio 25, 2011

Io non amo il R&B e la black music in genere. Inoltre non mi piace il rifarsi pedissequamente a stili musicali di decenni fa per darsi un'aura di classicità, di stile, di atemporalità non appena sfornato il primo disco. Questo andazzo (R&B + stile retrò) riguarda un considerevole numero di cantanti, debuttanti o quasi, e spesso in vetta o comunque ai primi posti delle classifiche di vendita.
Nonostante io non bazzichi questi generi musicali confesso di essere rimasto colpito dal singolo di Adele, cantante inglese al suo secondo album, 21, dopo il debutto chiamato 19 (nome album=nome età, evviva la fantasia). Rolling in the deep è un gran pezzo, grande sound, scrittura semplice ma efficace, arrangiamento bello e furbo: la canzone ha un groove clamoroso, fa breccia al primo ascolto e riesce a durare (certo, adesso che l'abbiamo sentita centinaia di volta tra radio e tv cominciamo a non poterne più, ma non è colpa di Adele). E la voce, la voce è grandissima, intensa, espressiva, insomma perfetta.
I presupposti per ascoltare 21 c'erano tutti. Peccato. Già, peccato perchè l'album è una palla terribile, un noia mortale. Questo odioso meccanismo del pezzo civetta e dell'album bufala è tristemente comune (Duffy per dirne una...) e odioso. Adele ha del potenziale, il singolo lo dimostra ampiamente, ma 21 offre l'immagine di una giovane vecchia, incline a cantare pezzi lenti e d'atmosfera; ed è facile spiegare perchè: con una voce così riesce a far sembrare interessanti anche brani normalissimi e non avrebbe difficoltà a comporne un paio al giorni. Ma fra sembrare interessanti ed esserlo veramente c'è una bella differenza.
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Bob Dylan, i suoi 70 anni e l'insopportabile litania delle celebrazioni

By martchelo on martedì, maggio 24, 2011

Bob Dylan ha compiuto 70 anni, è questa la sconvolgente notizia che voglio darvi! Metti che non lo abbiate letto da nessuna parte (ovvero praticamente su tutti i siti e i blog del mondo nell'ultima settimana...).
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Arcade Fire, riedizione di Suburbs con 2 inediti: Speaking in Tongues e Culture War

By martchelo on martedì, maggio 24, 2011

E no, non si fa così! A un anno (più o meno) di distanza dalla pubblicazione del fortunato (e bellissimo) Suburbs gli Arcade Fire cadono nella tela del Ragno e giocano uno scherzetto mica tanto simpatico ai fan. Oplà: ecco a voi una bella riedizione di Suburbs, la Deluxe Edition contenente, oltre al CD, il DVD Scenes From the Suburbs diretto da Spyke Jonze e 2 canzoni inedite:
  • Speaking in Tongues (non un granchè, realizzata assieme a David Byrne riprende il titolo di un famoso album dei Talking Heads)



  • Culture War, inedito vero, buona canzone con qualche spunto interessante (ma niente di incredibile)


Però stavolta il "ricatto" è troppo smaccato e ravvicinato: per quanto mi riguarda il lussuoso cofanetto rimarrà sugli scaffali (se avessero atteso qualche anno e l'avessero arricchito di più materiale inedito però ci avrei fatto un pensierino...).
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Pearl Jam Twenty, 20 anni sembran pochi (poi ti volti a guardarli e non li trovi più): festival, film e libro

By martchelo on martedì, maggio 17, 2011

Le autocelebrazioni non sono il massimo della vita ma sono un peccato veniale se riguardano una band che ha seminato grande musica dal 1991 ad oggi. I Pearl Jam di Eddie Vedder sono un'indiscutibile colonna dell'american rock (lasciamo stare il grunge, loro non c'entrano niente) e ci hanno regalato canzoni indimenticabili e una voce che ha fatto storia nel panorama rock mondiale.
E così dopo 20 anni di carriera i Pearl Jam giustamente festeggiano. Il 3 e 4 settembre saranno la band portante di un loro festival musicale in cui sfoggeranno ospiti di prim'ordine: Strokes, Queens of the Stone Age, Mudhoney, Joseph Arthur, Liam Finn, the Swell Season's Glen Hansard e X's John Doe. Appena finito il festival partiranno per un tour in Canada.
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Okkervil River - I Am Very Far, il capolavoro di Will Sheff [4/5]

By martchelo on lunedì, maggio 16, 2011

I Am Very Far, sesto album degli Okkervil River lo attendevo con curiosità, 3 anni dopo la parziale delusione di The Stand Ins, perchè questa band mi ha da sempre incuriosito anche se raramente convinto. Il sentimento prevalente dopo aver ascoltato un album degli Okkervil River è infatti sempre stato di parziale soddisfazione, di incompiutezza: bravi ma potrebbero fare (molto) di più.
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Frightened Rabbit - Sing the Greys, così tutto ebbe inizio [giudizio: 3/5]

By martchelo on mercoledì, maggio 11, 2011

Sing The Greys è il primo album dei Frightened Rabbit. Pubblicato nel 2006, m'è capitato di ascoltarlo qualche sera fa, esplorando a ritroso il piccolo (3 album ad oggi) mondo della band di Scott Hutchison.
Se l'apice della produzione dei conigli è rappresentato da The Midnight Organ Fight, loro secondo lavoro, è ragionevole aspettarsi qualcosa di buono anche da questo Sing The Greys, pubblicato solo 2 anni prima.
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Foo Fighters - Wasting Light, solo uno svago pop [giudizio: 3/5]

By martchelo on martedì, maggio 10, 2011

Dave Grohl è stato il batterista dei Nirvana. Non fosse per questo, non trascurabile, dettaglio io non assocerei mai i Foo Fighters ai Nirvana. Ora, io non so dire se il grunge sia mai esistito e, nel caso, esattamente cosa fosse ma sono sicuro che i Nirvana fossero grunge. I Foo Fighters sono tutt'altro, suonano un hard rock marcatamente americano, con una fortissima componente melodica e pop, condita da chitarroni più innocui che aggressivi e coretti facilmente orecchiabili.
Wasting Light è il settimo album dei Foo Fighters ed è definito da Dave Grohl come "il più heavy mai registrato" (se lo dice lui...). Leggo da più parti parallelismi coi Queens of the Stone Age, il gruppo stoner-rock con cui Dave Grohl ha collaborato a più riprese. Qualcosa di vero c'è (vedi Rope ad esempio) ma il sottinteso delle due band è veramente diverso. Tanto i QOTSA sono un gruppo hard di nicchia, quanto i Foo Fighters sono un gruppo easy da stadio, da divertimento immediato e leggero.
Non mi hanno mai convinto i Foo Fighters, soprattutto dopo aver ascoltato Dave Grohl dal vivo: in estrema sintesi, non sa cantare, su disco riesce a sembrare ciò che non è, ovvero un cantante hard rock.
Wasting Light peraltro rispetta in pieno le premesse, è un disco rock, immediato e divertente, mai duro sempre melodico. Io trovo i Foo Fighters un gruppo un po' di plastica, il loro hard rock mi sa tanto di MTV. Gente simpatica insomma, ma dalla quale non attendersi grande musica, solo un po' di sano svago: Bridge Burning.
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Gli Arcade Fire dal vivo con Cyndi Lauper cantano "Girls Just Want to Have Fun"

By martchelo on lunedì, maggio 09, 2011

Che abbinamento bizzarro!  Gli Arcade Fire, alfieri della musica indie dal vivo assieme a Cyndi Lauper, un'icona della musica pop anni '80.
Surreale ma divertente questa loro esibizione al New Orleans Jazz Fest, in cui gli Arcade Fire interpretano a modo loro (ma anche piuttosto fedelmente) Girls Just Want to Have Fun di Cyndi Lauper.
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I Kills raccontano il making dell'album Blood Pressures

By martchelo on giovedì, aprile 28, 2011

Blood Pressures, il nuovo album dei Kills non mi è piaciuto. Però i documentari che raccontano i dietro le quinte  sono sempre interessanti da guardare. Non che Alison Mosshart e Jamie Hince ci svelino chissà quale segreto sul canale YouTube di Rockol, però è lo stesso affascinante...
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Little Scream - The Golden Record, grazia e understatement [giudizio: 3/5]

By martchelo on mercoledì, aprile 27, 2011

Little Scream (non fatevi ingannare dalla grafica allarmante del sito) altri non è che Laurel Sprengelmeye, che dal nativo Iowa è emigrata in Canada, a Montreal, dove ha registrato The Golden Record, album di debutto dal titolo un po' altisonante.
E peraltro poco rappresentativo di un album in cui folk (molto), pop (poco), rock (a tratti), sperimentazione art-rock e psichedelia (ad esempio i 2 minuti di registrazione di pioggia scrosciante in coda alla conclusiva Hallowed) si miscelano con grazia e undertstatement, rivelando una sensibilità insolita e una prospettiva musicale personale.
Del resto che Little Scream abbia dei numeri lo dimostrano le collaborazioni con Arcade Fire (di cui non si sentono molti echi) e National (di cui si sentono molti echi), entrambe valide come una sorta di certificazione di qualità.
The Golden Voice richiede un ascolto attento, non superficiale, perchè non è un album immediato, a tratti è rarefatto, stagionalmente lo definirei sbagliato: c'è più autunno che primavera in questo lavoro. Ma la sensazione che mi trasmette è di profondità, Little Scream ha del talento nel toccare le corde giuste, anche se mancano episodi di vera eccellenza nella scrittura dei brani e la lentezza talvolta pare eccessiva. The Lamb è un buon esempio della personale via melodica di Little Scream, e anche se faticherà a farsi largo tra le non poche proposte simili che esistono, The Golden Voice vale l'ascolto.
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Live Video dei These New Puritans, tratto dal tour di Hidden

By martchelo on giovedì, aprile 21, 2011

I These New Puritans hanno reso disponibile un video di ottima qualità che riprende 10 minuti di uno dei 14 concerti del tour Hidden Live, in cui si sono esibiti con un'orchestra di 14 elementi e un coro di bambini.

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Bright Eyes - The People's Key, sfuggenti ed affascinanti [giudizio: 4/5]

By martchelo on giovedì, aprile 14, 2011

Conosco poco o nulla i Bright Eyes e, dopo aver ascoltato il loro ultimo (in ogni senso?) lavoro, penso che sia un peccato. The People's Key è infatti il primo album dei Bright Eyes che ascolto ma è l'ottavo che hanno pubblicato fino ad oggi. E temo che sia il loro testamento musicale, pare infatti che la band abbia deciso di salutare con The People's Key. Insomma sto scoprendo una band defunta...
Ma andiamo con ordine.
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White Stripes, c'è vita (economica) oltre la morte: viva lo sfruttamento intensivo del materiale inedito!

By martchelo on lunedì, aprile 11, 2011

La sindrome del Ragno torna a manifestarsi nei dintorni dei defunti (come gruppo, non come persone) White Stripes. Si tratta, ovvio, di una bieca operazione commerciale che già so che non mi lascerà indifferente e che , molto probabilmente, avrà numerosi seguiti. Subito dopo il tragico annuncio dello scioglimento del gruppo infatti Jack White dichiarò che avrebbe via via reso disponibile ai fan il voluminoso materiale inedito dei White Stripes.
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The Kills - Blood Pressures, innocuo e inconsistente [2/5]

By martchelo on giovedì, aprile 07, 2011

I Kills arrivano al loro quarto album dopo una pausa di 3 anni. In mezzo c'è tanta roba ma soprattutto 2 album straordinari dei Dead Weather, gruppo in cui Alison Mosshart ha avuto il privilegio di dividere il proscenio con Jack White. Simile opportunità non capita tutti i giorni e può cambiare il corso di una vita (artistica).
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The Pains Of Being Pure at Heart - Belong, da Milano a Napoli in terza [giudizio: 2/5]

By martchelo on lunedì, aprile 04, 2011

The Pains Of Being Pure at Heart (complimenti per il nome...) pubblicano il loro secondo album dopo l'omonimo debutto del 2009. Siccome quell'album non lo conosco (e difficilmente lo conoscerò) non posso paragonare in alcun modo Belong al primo episodio (metti che a qualcuno interessasse).
I Pains Of Being Pure at Heart fanno parte della cosiddetta nuova ondata shoe-gaze, battezzata anche nu-gaze. Grazie al cielo esiste Wikipedia e mi evita il difficile esercizio di descrivere il genere musicale in oggetto. Ora, diciamo che il nu-gaze lo trovo carino, ma non mi fa impazzire. I Pains Of Being Pure at Heart lo interpretano in maniera abbastanza scolastica ma non spregevole. Il lavoro sui suoni è valido, la miscela è rotonda e ricca, ha un bell'impatto. La voce (ahi!) come nella migliore tradizione di questo genere musicale è insulsa, con un'importanza equiparata a un tastieristico tappeto sonoro. Questo per me rappresenta un peccato mortale e a nulla valgono la discreta scrittura dei pezzi e il piglio rock. Anche perchè i Pains Of Being Pure at Heart non cambiano mai marcia, è un po' come farsi un Milano-Napoli tutta in terza, dopo un po' ci si rompe... Belong.
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The Strokes, Under Cover Of Darkness è il mediocre singolo estratto da Angles (album che non ascolterò)

By martchelo on giovedì, marzo 31, 2011

Io gli Strokes non li ho mai amati, li consideravo degli oggetti misteriosi già ai tempi del pur valido This Is It. Ricordo che leggevo con orrore degli improbabili paragoni coi White Stripes, campati in aria e sballati da tutti i punti di vista: non mescoliamo m...a e cioccolata! E' bastato attendere qualche anno per comprendere l'abisso che separa le 2 band.
Cmq mi sono via via disinteressato della carriera degli Strokes, e penso di aver fatto benissimo. Ma ieri mi sono detto: visto che è uscito il nuovo album, chissà come sono adesso gli Strokes? Ho quindi ascoltato Under Cover Of Darkness, singolo estratto dal nuovo album Angles. Canzonetta insipida, senza arte nè parte, compositivamente parlando piatta, armonie elementari, suoni mediocri nonostante di budget per la produzione suppongo ne abbiano (la chitarra è un pianto...). Il tutto non certo nobilitato dalla voce anonima di Julian Casablancas, front-gossip-man di questa sopravvalutata band americana.
Insomma, Under Cover Of Darkness mi è piaciuto così poco che Angles non lo ascolterò nemmeno. E mi sa che non mi perderò nulla.
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Lykke Li - Wounded Rhymes, pop d'autore e di qualità (ma non è un capolavoro) [4/5]

By martchelo on martedì, marzo 29, 2011

La svedese Lykke Li pubblica il suo secondo album, Wounded Rhymes, a 3 anni di distanza da Youth Novels, che ottenne discreti riscontri. Perlomeno così leggo perchè, onestamente, non l'ho ascoltato. Mi approccio quindi a Wounded Rhymes incuriosito da quanto ho letto di buono anche su questo secondo lavoro.
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Arcade Fire vs National: 5 luglio a Milano e Ferrara, la guerrilla dei concerti e l'obbligo di scegliere

By martchelo on lunedì, marzo 28, 2011

Nel corso di un anno non sono molti (purtroppo) i concerti che reputo interessanti e che quindi seguirei volentieri. Nel 2011 ho visto finora quello, eccezionale, dei Band of Horses a Bologna e mi proponevo di andare a quelli, annunciati, di Arcade Fire e National.
Con orrore ho però scoperto una terribile verità: suonano lo stesso giorno!! Il 5 luglio gli Arcade Fire suoneranno a Milano, all'Arena mentre i National saranno a Ferrara nell'ambito della manifestazione Ferrara sotto le Stelle. Ma è pazzesco!!! Non penso di essere l'unico interessato a entrambi i concerti, questa sovrapposizione figlia, immagino, più della trascuratezza dei promoter che di un preciso piano è veramente un'enorme cagata.
Mio malgrado mi son trovato così a scegliere e ho optato per gli Arcade Fire. Per un paio di motivi:

  • la cornice dell'Arena è suggestiva
  • mi pare una band che dal vivo può dare di più dei National
Mi auguro che gli eventi conforteranno tale scelta, certo ne avrei fatto volentieri a meno...
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Eddie Vedder e l'ukulele: no, grazie!

By martchelo on mercoledì, marzo 23, 2011

I pregiudizi sono una cosa disdicevole, me ne rendo conto.
E sbilanciarsi prima di aver ascoltato un disco non è mai una buona idea. Inoltre io sono un grande fan dei Pearl Jam e adoro Eddie Vedder come cantante, inserito nella mia top 5 dei cantanti rock all-time.
Che la vena creativa della band di Seattle si sia un po' inaridita è un fatto e così è normale che i membri del gruppo si muovano autonomamente, alla ricerca di nuovi stimoli e sfide.
Così il buon Eddie si appresta a pubblicare (il 31 Maggio) il suo secondo disco da solista dopo la fortunata (ma per me noiosa...) colonna sonora di Into The WildUkulele songs.
Ukulele, esatto. Avete letto bene, e intuito meglio: è un album di solo voce ed ukulele con, pare, qualche inserto di violoncello per cercare di rendere più digeribile il tutto. Ora, non voglio certo sminuire l'ukulele, questa sorta di chitarra in miniatura, buona, al più, per fare da sporadico contrappunto. Ma onestamente un album intero di voce ed ukulele, mi pare troppo! Di questo progetto apprezzo il coraggio (ce ne vuole parecchio) di Eddie Vedder e la partecipazione (in una canzone) di Cat Power, ma non so se apprezzerò altro, a cominciare dal singolo Longing to Belong.
A parziale consolazione di questa bizzarra uscita Eddie pubblicherà anche Water on the Road, un DVD live, diretto da Brendan Canty, che racconta i concerti solisti tenuti da Vedder il 16 e 17 Agosto 2008 al Warner Theatre di Washington DC..
Di seguito le tracklist di Ukulele songs e Water on the Road.

Ukulele songs
1. Can’t Keep
2. Sleeping by Myself
3. Without You
4. More Than You Know
5. Goodbye
6. Broken Heart
7. Satellite
8. Longing to Belong
9. Hey Fahkah
10. You’re True
11. Light Today
12. Sleepless Nights (featuring Glen Hansard)
13. Once in Awhile
14. Waving Palms
15. Tonight You Belong to Me (featuring Cat Power)
16. Dream a Little Dream

Water on the Road
1. The Canyon
2. Sometimes
3. Trouble
4. Around the Bend
5. Girl From the North Country
6. Guaranteed
7. Setting Forth
8. Far Behind
9. No Ceiling
10. Rise
11. Golden State
12. Society
13. Forever Young
14. Ed Piano (Instrumental)
15. I’m Open
16. Man of the Hour
17. Driftin’
18. No More
19. You’re True
20. Ukulele Interlude (Instrumental)
21. Unthought Known
22. Arc
23. Hard Sun
24. The Canyon (reprise)
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PJ Harvey - Let England Shake, una geniale sferzata folk [5/5]

By martchelo on lunedì, marzo 14, 2011

PJ Harvey è una grande artista, attiva da quasi 20 (sic!) anni nel mondo indie, anche se capace di muoversi orizzontalmente su terreni sonori diversi e non necessariamente alternativi, con l'unica costante di essere sempre un'antagonista. Troppo personale e disturbante Polly Jean per essere adatta a vaste platee. Anche se, va detto, il successo l'ha ottenuto, sia di critica che di pubblico, una specie di plebiscito nel mondo indie, ma con anche significative incursioni in un ambito più allargato. Io ho seguito la sua carriera in maniera discontinua, tanto fui folgorato da To Bring You My Love, quanto rimasi parzialmente deluso dai successivi lavori. Così lascia PJ Harvey da parte per un po'...
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Portugal. The Man - Censored Colors, grandi e irrisolte melodie [giudizio: 4/5]

By martchelo on mercoledì, marzo 09, 2011

I Portugal. The Man sono un gruppo che mi sta intrigando parecchio. Sto vagando da qualche settimana nella loro discografia e più li ascolto più ho difficoltà a inquadrarli, a definirli, a sapere cosa aspettarmi da questa band dell'Alaska. Se è vero che i Portugal. The Man possiedono uno stile riconoscibile, grazie anche alla versatile ma indefinibile voce di John Gourley, è altrettanto vero che ogni disco ne svela aspetti differenti.
Censored Colors, loro terzo lavoro, è l'album delle aperture melodiche, di canzoni pensate in grande, con echi spesso più soul che rock, senza tracce di minimalismo se non per quell'understatement che fa parte integrante del DNA Indie. Come sempre gli arrangiamenti non sono banali, lo sviluppo delle canzoni sorprende e spinge ad ascoltare e riascoltare il cd perchè ogni volta si ha la sensazione di aver colto solo in parte il messaggio musicale della band. C'è un qualcosa di indefinito e affascinante in Censored Colors e nei Portugal. The Man, forse anche di irrisolto.
Ma è bello così: All Mine (trovata solo in versione acustica, su disco è anche meglio).
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Frightened Rabbit - The Midnight Organ Fight, dritti al cuore [giudizio: 4/5]

By martchelo on venerdì, marzo 04, 2011

Anno 2008, gli scozzesi Frightened Rabbit pubblicano il loro secondo album. Ne scrivo oggi per un banale motivo: li ho ascoltati ieri sera e mi sono accorto che mancavano su MantaRay: gravissimo!
The Midnight Organ Fight è un album eccellente: la miscela indie-folk-rock del quintetto di Glasgow è energia pura, diretta e spontanea senza mediazioni cerebrali o inutili barocchismi.
I Frightened Rabbit puntano al cuore, allo stomaco di chi ascolta, scrivono canzoni di presa immediata ma non banali e si giovano della convincente voce di Scott Hutchison, riconoscibile ed espressiva, non incredibile come qualità canore ma carismatica e perfetto compendio alla parte strumentale dei loro brani.
Non troverete innovazione o sconvolgenti soluzioni musicali, ma tanta buona musica, energia e canzoni di livello, The Midnight Organ Fight merita l'ascolto: Old Old Fashioned.
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Drive Like Maria - Elmwood, la via belga allo stoner rock [giudizio: 3/5]

By martchelo on giovedì, febbraio 24, 2011

Come molti, anche io sono pieno di pregiudizi sul Belgio. O meglio: è una nazione di cui raramente ricordo l'esistenza e quando lo faccio non mi vengono in mente eventi piacevoli. Men che meno l'associo alla musica, al rock in particolare.
E invece ora mi trovo ad ascoltare una band belga, i Drive Like Maria, trio stoner-rock che ha debuttato nel 2009 con Elmwood. Registrato e mixato negli States ad opera di John Congleton dei Black Mountain l'album d'esordio del trio propone una formula che ricorda molto molto molto da vicino i Queens of the Stone Age. Si notano anche altre influenze, sempre le solite quando si parla di hard rock, dai Led Zeppelin ai Wolfmother, giusto per miscelare i maestri e uno dei gruppi discepoli.
Elmwood  mi ricorda però principalmente i QOTSA, e questo rappresenta un grande pregio e un grande difetto al contempo. Ovvero, se l'impianto musicale non può che piacermi, se il sound è convincente e tosto, sul piano dell'originalità c'è qualche problema. Tutto suona come già sentito e non colgo qualità che facciano eccellere i Drive Like Maria: nè da un punto di vista compositivo nè strumentale nè, e questo è più importante, vocale. La voce è molto normale e questo fa tutta la differenza del mondo tra un buon gruppo e un grande gruppo. Elmwood è un buon album, si fa ascoltare e ha un bel carico di energia. Gli mancano le qualità per eccellere: I'm on a train.
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James Blake - James Blake, per favore basta! [giudizio: 1/5]

By martchelo on giovedì, febbraio 24, 2011

Non si può pretendere di capire ogni tipo di musica. Esistono suoni per tutte le orecchie e suoni solo per un'attenta selezione di orecchie. James Blake è un astro nascente della musica elettronica, dubstep, ambient eccetera. Del suo primo album, l'omonimo James Blake ho letto recensioni entusiastiche, pare siamo di fronte a un genio, un vero fenomeno. Da medio appassionato di musica elettronica ascolto incuriosito.
Ma la curiosità dura poco:.
1 - concludo velocemente di non fare parte della selezione di orecchie adatte a James Blake
2 - quest'album mi fa orrore
Pensate a un replicante alieno di Antony (quello di Antony and the Johnsons), per inquadrarne lo stile vocale, aggiungete uno smodato uso dell'insopportabile vocoder (un vero e proprio strumento di tortura), togliete qualsiasi ritmo o quasi, aggiungete suoni elettronici minimal e anche un po' a casaccio, mescolate aggiungendo una bella manciata di hype, che non guasta mai, ed otterrete il fenomeno.
Per onestà devo dire che si intuisce che James Blake abbia qualche qualità, anche se diffido parecchio di chi mostra abilità solo nei toni depresso-intimisti. E a parte questo generico attestato di stima trovo questo album insopportabile. Con l'eccezione di Limit to you love (che, guarda un po', non è sua) un solo commento mi viene spontaneo ascoltando James Blake: per favore, basta!!
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I Grammy Awards e la carica dei 109: Arcade Fire featuring Lady GaGa

By martchelo on mercoledì, febbraio 23, 2011

I Grammy Awards, come qualsiasi gara o classifica di merito in ambito artistico (arte e competizione: un evidente ossimoro), non attirano per nulla o quasi la mia attenzione. Il quasi è riferito alla punta di curiosità che a volte non manca anche verso eventi che non amo (per usare un eufemismo).
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