Isobel Campbell e Mark Lanegan sono, a loro modo, 2 icone del mondo indie, all'interno del quale appaiono essere decisamente mainstream. Non che sia importante, ma è evidente che l'unione di 2 artisti così noti e così apparentemente diversi non possa passare inosservata. Hawk è il terzo capitolo della loro collaborazione e segue il bellissimo esordio Ballad of the Broken Seas (un piccolo capolavoro) e l'opaco Sunday at Devil Dirt (scialbo seguito).
La bella e la bestia, il diavolo e l'acqua santa, sono tra le mille possibili immagini evocative dell'abbinamento tra l'eterea voce di Isobel e il timbro baritonale di Mark. A queste aggiungerei un bel "manieristico". Diciamocelo, questa è un'operazione di una ruffianeria totale, fatta per piacere proprio perchè ha caratteristiche tali che non può non piacere: l'atmosfera ovattata, i toni morbidi, la classe che i 2 elargiscono a piene mani. Ma è proprio la prevedibilità di quest'operazione a rendere Hawk debole e privo di lampi. Quanto Ballad of the Broken Seas miscelava questi ingredienti "piacioni" con spunti melodici di prim'ordine, tanto Hawk è normale e privo di spunti in grado di sorprendere.
Ammirazione per il talento dei 2 (ma Mark Lanegan ogni tanto sembra prossimo all'asma da quanto "scalda" la voce) ma anche delusione, perchè non bastano ottimi ingredienti per ottenere un grande risultato, ci vogliono anche le canzoni.