Che la vita artistica di Chris Cornell nel corso degli anni si sia fatta sempre più complessa e difficile da decifrare è un fatto. È complicato oramai collocare esattamente Chris: storico leader dei Soundgarden, recentemente tornati in attività, ha tentato la strada del supergruppo rock con gli Audioslave (terminata tra alti e bassi dopo 3 album) e ha inframmezzato il tutto con lavori solisti quantomeno discontinui.
Higher Truth è il quarto album solista di Chris Cornell, onestamente l'unico presentabile dopo lo straordinario e promettente esordio nel 1999 (sic...) con Euphoria Morning. Ed è proprio Euphoria Morning il riferimento di Higher Truth, i suoni perlopiù acustici con la chitarra in primo piano e la voce di Chris a (tentare di) fare la differenza per intensità ed espressività. Suoni acustici, ho scritto, anche se praticamente tutte le canzoni sono ingentilite da banalissimi abbellimenti sonori che vanno dagli archi a coretti didascalici (francamente imbarazzanti, sulla title-track si sente un coro che nemmeno gli Oliver Onions) a quant'altro di scontato e datato vi venga in mente.
La realtà per Chris Cornell è dura: la sua straordinaria, bellissima voce è un lontano ricordo, al suo posto rimane un roco rantolo monotonale (sentitelo dal vivo cantare Like a Stone, questo è un video del 2011...) ingentilito dalla produzione, la sua vena compositiva, mai straordinaria, è più che esaurita e l'energia, beh, quella con gli anni passa a tutti. Non rimane molto e mi dispiace perché Chris Cornell ci ha regalato momenti straordinari e io ne sono stato un grande ammiratore. Ma di quei momenti ora resta solo il ricordo.