Avete presente quei film d'ambientazione, in cui le atmosfere, la scenografia, la fotografia e finanche lo stile dei personaggi sono prevalenti rispetti alla trama? Ecco, i Depeche Mode, gruppo che seguo con devozione dagli esordi (sic...), stanno diventando quel genere di autori che in mancanza di idee folgoranti puntano su ambientazione e produzione.
Questo passaggio è, in linea di massima, inevitabile: Delta Machine è il TREDICESIMO album in studio dei Depeche Mode. Onestamente: cosa vogliamo aspettarci? Mi sembra di stare riscrivendo la recensione di Sounds of the Universe (anche se ritengo Delta Machine superiore): mancano le canzoni. Di tutto il resto non manca niente, i suono sono fantastici, le voci oramai le conosciamo a memoria così come non possiamo non ammirarne timbro e immediata riconoscibilità. Le atmosfere sono come sempre oscure, brumose, post-industriali ma riscaldate da un anima blues che appare e scompare con grande maestria. Sono le idee purtroppo a essere poche, già sentite, mai illuminanti. Ma non voglio essere crudele, io i Depeche Mode li amerò sempre e non trovo nulla di strano nel trovare Delta Machine un album avaro di intuizioni e sorprese: come potrebbe essere altrimenti dopo tutti questi anni?
Io sono tra i pochi che pur amandoli vorrebbe vederli smettere, in modo da non annacquare la loro eccellente produzione musicale. Nel frattempo Delta Machine si lascia ascoltare, innocuo e piacevole: Welcome to My World.