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British Sea Power - Machineries of Joy, sprazzi di grande new wave [3/5]

By martchelo on giovedì, gennaio 16, 2014

Machineries of Joy è il quinto album di canzoni (escludiamo le soundtrack) dei British Sea Power, gruppo di Brighton fieramente indie, talmente indie che il loro avvicinamento a sonorità di più facile ed universale fruizione ha fatto un po' storcere il naso agli "estremisti" del mondo indie.
Machineries of Joy è un disco malinconico e soffuso come solo la musica inglese (gallese, per la precisione) sa essere. O perlomeno è un disco parzialmente malinconico, purtroppo.
Le tante influenze e strade che i British Sea Power percorrono in questo lavoro non possono non farmi tornare in mente gruppi e sensazioni del passato: Prefab Sprout, Lloyd Cole & the Commotions, Deacon Blue... L'affinità, più che strettamente musicale, riguarda il mood comunicativo, il rapporto che si crea con l'ascoltatore.
Machineries of Joy è infatti più ricco di musica rispetto ai gruppi new wave che ho citato: la palette espressiva dei British Sea Power è più ricca ma non necessariamente questo è un pregio. Infatti se la bellissima title-track rientra in pieno nel mood che ho descritto altri brani (ad esempio K Hole) cambiano registro e atmosfera e rompono in parte la magia dell'album. Le radici post-punk della band vengono a tratti alla luce ma non rappresentano il meglio dei British Sea Power, anzi.  La sensibilità di questo gruppo emerge in maniera nitida in molti brani: Machineries of Joy avrebbe potuto essere un grande album rinunciando a qualche pezzo più "diretto" e coltivando la vena malinconica che scorre potente nei British Sea Power.


 
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